Il territorio circumlagunare del
lago omodeo documenta una notevole ricchezza
archeologica concernente sia l'ambito preistorico (domus
de janas), sia protostorico (insediamenti nuragici), sia
e soprattutto di età romana. Infatti numerose sono le
tracce presenti sia come monumenti ancora intatti sia
come ruderi di antichi insediamenti. Da un analisi
accurata emerge che anticamente il territorio è stato do
notevole importanza nei diversi secoli. L'esistenza di
un diffuso stanziamento romano è attestato
dall'individuazione di due cippi funerari di età
imperiale romana, provenienti rispettivamente da San
Pietro e da Santa Maria d 'Ossolo, dei quali si fornisce
di seguito la scheda:
-
Cippo a capanna in trachite. Chiesa di S.
Pietro. Individuato in data antecedente il
1992.
D(is) M(anibus) / Colonei
(intendi Coloni). Vi/xi t ann(is) II.
«(consacrato) agli dèi Mani di Colono. Visse
per due anni». (Il sec. d. C.).
Année
Epigraphique 1993, 848.
|
|
|
|
-
Cippo troncopiramidale in trachite, dotato
di ascia a rilievo sulla faccia
laterale destra. L'iscrizione è impaginata
su una tabella ansata a rilievo.
Chiesa di S. Maria de Ossolo.
Individuato in data antecedente il 1992.
D(is) M(anibus). M. / Aur(elio) Val(---)
/ vicxit an/n(is) LXVII.
«(consacrato) agli dèi Mani. A Marco Aurelio
Val(...) (intendi, forse Valeriano),
che visse per 67 anni». (prima metà del III
sec. d. C.).
Année Epigraphique 1994,
798.
|
|
Il
più importante sito archeologico del territorio di
Bidonì deve essere considerato il Monte Onnarìu, alla
cui sommità si trova un'altare rupestre di Giove che
consente di illuminare le modalità dell'avanzata della
romanizzazione alla fine del periodo repubblicano nell'
area delle civitates Barbariae, ossia delle Comunità
della Barbagia.
Si tratta di un tempio dedicato a Iuppiter, eretto alla
sommità del Monte Onnarìu, non lungi dalla riva sinistra
del fiume Tirso. Il colle, di forma triangolare,
orientato N/S con il vertice rivolto a mezzogiorno, è
composto da accumuli detritici con grossi blocchi di
rocce vulcaniche, marne arenacee e tufi cineritici -
pomicei di color grigio - chiaro. La sommità tabulare,
ugualmente di forma triangolare, delimitata dalla
isoipsa 270 m slm, raggiunge i m 278,9 slm. Il rilievo
si eleva repentinamente sulla vallata del Riu Meana,
affluente di sinistra del Tirso, attualmente sfociante
nel lago Omodeo. Tali caratteristiche paesaggistiche
hanno determinato, indubbiamente, il carattere di "monte
sacro Il dell'Onnarìu, evidenziata anche dalla
tradizione popolare. Il complesso monumentale è
rilevabile, come si è detto, esclusivamente a livello di
fondazione delle murature in quanto, probabilmente, i
blocchi squadrati in trachite di cui era costituito,
vennero in gran parte riutilizzati sia nelle strutture
chiesastiche vicine di S. Pietro, di età romanica, e di
S. Maria de Ossolo, di epoca spagnola, sia in una grande
aia circolare (sa
arzola de Onnariu), completamente
pavimentata da conci squadrati in trachite· La struttura
monumentale ha pianta rettangolare di m 26 x 20,
orientata NO/SE. Il blocco angolare O è un
parallelepipedo in trachite grigia di cm 90 x 60 x 60,
corrispondenti a 3 x 2 x 2 pedes.
Nel sito si osservano frammenti di laterizi da riferirsi
probabilmente alla copertura dell 'edificio, ceramica
comune di difficile inquadramento cronologico e,
raramente, vasellame a vernice nera in Campana A, che
indiziano almeno una occupazione del sito a partire
dalla prima metà del I sec. a. C. La struttura è
preceduta da una scalinata (?) terrazzata, che consente
di superare il dislivello tra il pianoro sommitale e
l'area immediatamente sotto stante a SE. A m 7,50 a SE
della probabile fondazione del prospetto dell'edificio,
e in asse perfetta con esso è localizzato l'altare
sagomato nella roccia trachitica affiorante, che, di
conseguenza, risulterebbe inserito lungo la scalinata
d'accesso all'edificio monumentale, secondo il canone
tipologico dei templi romani.
L'ara é un parallelepipedo di m 1,51 (circa 5 pedes) di
lunghezza, m 1,16 di larghezza (circa 4 pedes ) e m 0,92
di altezza (circa 3 pedes ), dotato di un piano
trapezoidale sul lato SE, dove si collocava il sacerdos
sacrificante. Ciascuno dei quattro lati è delimitato da
una coppia di lesene capitellate, che si dipartono da
uno zoccolo rilevato, e sostengono una cornice modanata. Entro lo spazio rettangolare incassato, incorniciato
dalle fasce rilevate, dei due lati brevi sono incise due
iscrizioni latine, impaginate su un 'unica linea per
ciascun campo epigrafico. Le lettere capitali (alt. cm
14), dotate di eleganti apicature, si caratterizzano per
il modulo fortemente quadrato, elemento che, insieme
alla tipologia dell 'altare, suggerisce una cronologia
non più tarda degli inizi dell' Impero.
Sul lato SE, in posizione centrale, si rileva un'
iscrizione fortemente mutila a causa della profonda
degradazione che la roccia ha subito per cause naturali:
la prima lettera parrebbe una D, lacunosa superiormente.
Seguono tre aste verticali parzialmente conservate nelle
loro estremità inferiori:
DIII
Una
lettura DEI (in genitivo), con la E resa nella forma a
due aste verticali, attestata anche in Sardinia, pure in
aree prossime a quella in esame, potrebbe, con ogni
prudenza, proporsi in relazione, soprattutto, alla
scritta del lato opposto, con la quale parrebbe
comporsi.
Sul lato N, infatti, è impaginata, al centro, una
scriitta di cinque lettere, di cui la prima ridotta all'apicatura
superiore:
IOVIS
Benché non si possa escludere che l'epigrafe sia
lacunosa sul lato Sinistro, a causa di una abrasione
della trachite, per motivi di impaginato é preferibile
intendere semplicemente lovis al genitivo, piuttosto
che, in alternativa meno probabile, lovi s(acrum).
Ne scaturirebbe una lettura dei lovis, da intendere,
senz'altro, (ara) dei lovis, «altare del dio Giove».
L'attestazione di una nuova ara di luppiter, in un sito
cacuminale, appare perfettamente in linea con le altre
documentazioni cultuali rupestri di questa divinità, la
più documentata, insieme a Silvanus, nel panorama dell'
epigrafia rupestre.
Possiamo infatti citare le iscrizioni rupestri di
luppiter di Cimbergo, in, Valcamonica , di Monte Croce
Carnico, di Monte Pedicino, in Ciociaria, del Pagus
Lavernae, presso Sulmona.
L'edificio monumentale di Bidonì, eretto alla sommità
del M.Onnarìu, correlato all' altare in esame dovrebbe
essere, dunque, con grande probabilità un tempio di
luppiter, elevato proprio nell'area delle comunità
organizzate dai Romani nella Barbaria sarda (civitates
Barbariae). Il culto di Giove non è comunemente
attestato in Sardegna: abbiamo due dediche
rispettivamente a Giove Ottimo Massimo da Martis ed a
Giove Dolicheno da Ossi, nel Sassarese e un timbro in
bronzo che si imprimeva su oggetti consacrati al padre
degli dèi rinvenuto a San Vero Milis. Dubbio é invece la
documentazione di Iuppiter su un testo frammentario
scoperto, nel secolo scorso, nell 'area di S.Lussorio,
presso F orum Traiani. Più importante é la dedica che
intorno al 130 a.C. i Falisci che erano m Sardegna
consacrarono a Giove, Minerva e Giunone in un tempio di
Faleri, la loro antica patria nel Lazio. Infine un culto
ufficiale a Giove dovette essere praticato in ognuna
delle città della Sardegna, dove esisteva il Capitolium.
L'interpretazione del culto di Iuppiter documentato
dall'iscrizione di Bidonì è problematica: allo stato
delle ricerche non può escludersi che esso rappresenti
la testimonianza di un sincretismo tra una divinità
indigena dei Sardi e il dio Giove romano. A sostegno di
questa ipotesi sta una importante scoperta epigrafica
avvenuta ad opera di L. Plantalamor nel santuario
talaiotico di Son Oms , presso Palma di Maiorca. Nel
luogo di culto sopravvissuto sino alla prima età
imperiale è stato recuperato un frammento di ceramica a
pareti sottili con il graffito lovi, che induce a
credere che la divinità tauromorfa venerata dalle
popolazioni baleariche venisse «interpretata» dai Romani
proprio come luppiter . Con tali premesse possiamo
chiederei se anche in Sardegna il culto taurino
protostorico evidenziato almeno dalla testa di toro in
calcare di S.Vittoria di Serri, ma anche con probabilità
da altre testimonianze, non fosse stato inteso dai
Romani come prestato ad una divinità identica ad
Iuppiter.
Considerata tuttavia l'importanza fondamentale di
Iuppiter nel culto romano parrebbe preferibile ammettere
che il culto di Iuppiter a Bidonì costituisca
l'inserzione emblematica del massimo dio dei Romani in
un luogo vergine di culti della Barbaria.
Il Monti Onnarìu , infatti, come si è osservato,
dominava la ripa sinistra del Thyrsus fluvius, il limes
tra la Romania e la Barbaria e poteva accogliere,
eventualmente ex voto per una vittoria dei Romani sui
Sardi, un templum Iovis, il dio del quale rivestivano le
insegne i generali vittoriosi nel triumphus.
Domus de Janas
In territorio di Bidonì,
sono state
rivenute due
domos de janas, situate rispettivamente
in
località
Pera Pintore e S’Ardianu.
La prima, scavata in
un bancone di roccia rachitica, è del tipo a forno con
un’unica cella a proiezione longitudinale , aperta in
linea orizzontale, e preceduta da un piccolo atrio, o antinella, diviso in due settori a pianta semicircolare
e setti divisori leggermente rialzati.
La domus mostra
un particolare interessante: su di essa è stato
recentemente scavato un probabile spremitoio utilizato
in operazioni profana, quale la pigiatura dell’uva.
La
seconda, che segue anch’essa l’affioramento naturale di
un bancone rachitico isolato, è invece, di tipo
pluricellulare.
La parte antistante, non di facile
lettura a causa dell’erosione, ci porta ad ambienti
(forse due) a pianta semicircolare. In ottimo stato di
conservazione sono, inveve, l’ampia anticella e le tre
celle cui essa immette.
L’età nuragica
All’ Età Eneolitica segui quella del bronzo
caratterizzata dal fatto che l’uomo scopri e perfeziono
la tecnica della fusione del rame con lo stagno
ottenendo il bronzo. La tracce di questa fase culturale
nel Barigadu è concentrata vicino al fiume Tirso che da
sempre ha favorito gli insediamenti umani. Nel
territorio di Bidonì,secondo indagini fatte da Santoni,
Bacco e Serra, si trovano i seguenti siti nuragici:
-
Nuraghe Piscamu I
-
Nurache Piscamu II
-
Nuraghe Perdu Mannu
-
Nuraghe Aspru
-
Nuraghe Bentosu
-
Vallaggio I
-
Villaggio II
-
Villaggio Es Serghestais I
-
Villaggio Es Serghestais II
-
Villaggio Es Serghestais III
-
Villaggio Es Serghestais IV
Da
nostre ricerche sul campo sono stati individuati, nel
territorio di Bidonì solo i seguenti nuraghi, gli altri
risultano appartenere a Sorradile:
-
Nuraghe Bentosu
-
Nuraghe Perdu Mannu
-
Nuraghe Crocores (da riferirsi a Piscami I)
-
Nuragheddu
(corrispondente al Villaggio II)
Tali
nuraghi mostrano quasi tutti la stessa tipologia, sono
monotorri semplici, alcuni con strutture ampliate in
periodi diversi e corpi di fabbrica nuovi che si
affiancano a quello primitivo.
Solo il nuraghe di
Bentosu presenta sufficienti elementi di lettura.
Sono
stati inoltre rilevati tutti i villaggi citati nonché
altre tracce di vallaggio in localià Istei nei pressi
dell’omonima distrutta villa medioevale.
Chiesa di San Pietro
La chiesa fu cetamnete voluta da Barione I
(1147-1186) che dovette essere generoso di emarginazioni
verso i Camaldolesi Cenobiti, che sotto la sua
protezione innalzarono il monumento intitolandolo a
S.Pietro.
Fu costruita nella seconda metà del secolo XII,
dopo S.Maria di Bonarcado, consacrata nel 1146-47;
eretta in sobrie linee romaniche, non ha,
fortunatamentesubito notevoli trasformazioni che ne
hanno alterato la struttura originaria. L’unico
materiale usato è la pietra da taglio (lapis
quadratus). I conci di trachite locale, chiara e
rossa, e di tufo di diverse dimensioni e lavorati alla
martellina sono disposti con ingenua poesia a comporre
la membrature della costruzione. L’interno è spoglio e
modesto, l’aula mononavata, dalle proporzioni piuttosto
allungate (m 13,60 x 5,84), si conclude con un’abside
semicircolare voltata a catino cpn squadrati di diversa
pezzatura. L’abside, al centro della quale sta una
monofora centinata a doppio strombo alta cm 150, è
rivolta ad oriente, verso il sole che sorge, sal
salutis, luogo benedetto donde verrà alla fine dei
tempi il sole della giustizia, sol justitiae, per
giudicare gli uomini. L’altare è composto da un lastrone
rettangolarebsostenuto da un muretto di recente
costruzione.
S. Maria di Ossolo
Tutto
il territorio del Barigadu e
del vicino Guilcer è segnato da luoghi di
organizzazione religiosa,
villaggi temporanei, di
ispirazione bizantina, costituiti da muristenes o
cumbesias,
sorti attorno ad una chiesa, generalmente
in sovrapposizione ad antichi luoghi sacri pagani.
I muristene, casette elementari destinate al riparo dei
noveranti e dei pellegrini durante il periodo della
festa, sono quas sempre disposti a schiera attorno alla
chiesa e corrono continui lungo il bordo dell’area a
creare un recinto. Il novenario si S.Maria delle Grazie,
detto di Ossolo, sorge a circa due chilometri dal centro
abitato di Bidonì. Secondo la tradizione orale,
tramandata da diversi secoli, la chiesa sarebbe sorta
per atto di devozione alla Vergine da parte di un
soldato di Bidonì che avrebbe combattuto contro i Mori.
San Giovanni Battista
L’antica chiesa di S.Giovanni Battista si
trovava nello stesso sito dell’attuale ricostruita nel
1970. il primo edificio fu eretto, in forme tardo
gotico-aragonesi in posizione scenografica, accentuata
da una scalinata, verso la metà del secolo XVII, e fu
demolito nel 1966.
Chiese distrutte
Santo Stefano di Listinchedu
Era la parrocchiale del distrutto paese di
Lestinchedu, menzionato per la prima volta, nel 1342-46,
nel Rationes Decimarum Sardiniae. In esse figuravano
nella diocesi di S.Giusta le seguenti parrochioe del
Barigadu con i rettori titolari: Serratoli (Sorradile),
Nucheto (Nughedu), Nomielli (Neoneli) Lestinchedu o
Lestinghedu. Quest’ultimo paese che il Bonu erroneamente
inserisce in località Lestincos, presso la chiesa di
S.Salvatore di Boroneddu, si trova inveve a poche
centinaia di metri ad Est del paese di Bidonì, al
confine con il territorio di Sorradile. Della struttura
originaria della chiesa restano solo poche tracce.
Santu Perdu
Situata in località Campeda, era la chiesa
dell’omonimo villaggio. Rimangono pochissime tracce che
ci riportano ad un’aula mononavata. Fino a qualche
decennio fa, inoltre era visibile il basamento
dell’altare e tracce di una sepoltura cristiana. A poca
distanza dalla chiesa sta una sorgente racchiusa da una
struttura muraria antica: sa funtana ‘e Santu Perdu.
Santa Maria di Istei
Della chiesa, così come del villaggio,
restano soltanto dei ruderi. Presso la chiesa di S.Maria
di Ossolo si conserva una piccola statua della Madonna
che secondo la tradizione apparteneva alla chiesa di
S.Maria di Istei.
S. Agnese
Di questa chiesa campestre esistono
soltanto pochi ruderi dell’omonima località.
Di altre chiese (S.Gervaso, citate dall’Angius
e San Francesco, riportata dalla tradizione) non
esistono tracce. |